Segnatura: AC.LEOPARDI.GIACOMO, pagina 041 - AC.LEOPARDI.GIACOMO

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Trascrizioni automatiche (Shi_Deformable_VGG11)

Recanati 21 Aprile 1820
Stimo Sig. Avv. Pad. ed Amino
Prima di ricevere la sua gratiss. dei 12 corrente, io non sapeva
nulla della lettera di mio padre, come neanche presentemente ne so più che quan=
to Ella mi scrive. Neanche vedo come mio padre possa aver saputo quello di cui
non ho mai parlato nè a lui nè a verun altro Cavendo pochi amici fuori, e nessu=
no in questo barbaro paese), eccetto il caso che abbia rimescolate le mie carte, del
che non mi maraviglio, nè mi lagno, perchè criascuno segue i suoi principii. Quanto
ai dubbi di mio padre, rispondo che io come sarò sempre quello che mi piacerà, così
voglio parere a tutti quello che sono; e di non esser costretto a fare altrimenti, sono
persuoo sicuro per lo stesso motivo a un di presso, per cui Catone Era siarro in Elti=
ca della sua libertà. Ma io ho la forturca di parere un coglione a tutti quelli
che mi trattano giornalmente, e credono ch'io del mondo e degli uomini non conosca
altro che il colore, e non sappia quello che fo, ma mi lasci condurre dalle persone
ch'essi dicono, senza capire dove mi menano. Perciò stimano di dovermi illuminare
e fossiegliare. E quanto alla illuminazione, li ringrazio cordialmente; quanto alla sor=
veglianza, li posso accertare che cavano l'acqua col crivello.
Virca le mie canzoni, io le metto nel gran fascio di tutti i miei detti ofatti
o scritti dalla mia nascita in poi, che il mio esecrando destimo ha improntato diper=
petura inutilità. Io ho rinunziato a tutti i piaceri de' giovani. Dai dieci ai 21
anno io mi sono ristretto meco stesso e meditare e scrivere e studiare i libri e le
cose. Non solamente non ho mai chesto un'ora di sollievo, ma gli stessi studi miei
non nho domandato nè ottenuto mai che avessero altro aiuto che la mia pazienza
e il mio proprio travaglio. Il frutto delle mie fatiche è l'esser disprezzato in=
maniera straordinaria alla mia condizione, massimamente in un piccolo paese. Dopo
che tutti mi hanno abbandonato, anche la salute ha preso piacere diseguirli. In
21l anno, avendo cominciato a pensare e soffrire da fanciullo, ho compito il corso
delle disgrazie di una lunga vita, e sono moralmente vecchio, anzi decrepito, perchè
fino il sentimento e l'entusiasmo ch'era il compagno e l'alimento della mia vita,
è dileguato per me in un modo che mi raccapricia. E tempo di morirez è tempo di
cedere alla fortuna; la più orrenda cosa che palla fare il giovane, ordinariamente